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NENETTE ET BONI Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 26 luglio 1996
 
di Claire Denis, con Grégoire Colin, Alice Houri, Valeria Bruni Tedeschi, Vincent Gallo (Francia, 1996)
 
Vincent Gallo
NENETTE ET BONI è un film sulla materia. Materia è innanzitutto la pelle. Quella di Boni, il giovane pizzaiolo di Marsiglia, mezzo "beur" per via della madre scomparsa. Quella di sua sorella Nenette, che ritorna dal collegio perché incinta a 15 anni. E poi ancora quella di Valeria Bruni -Tedeschi: che (nel ruolo forse più incredibilmente aderente della sua già brillantissima carriera) vende le baguettes ("bien longues") lanciando occhiate languide al suo adorato marito panettiere. E costituisce l'oggetto del desiderio, la prolungazione di tutti i sogni di Boni.

Valeria, con le sue tette lattiginose, il dito che corre lungo la panna dei pasticcini colorati. E Boni sotto le sue lenzuola adolescenziali, i sospiri, le mani che corrono più sul filo dei pensieri che se quelli di una sessualità ancora tutta da immaginare, di un'esistenza tutta da concretizzare.Materia è la pelle. Come la pasta nella quale affondano le dita dapprima golose, poi vieppiù rabbiose del giovanotto. E materia il palloncino che fa da ventre a Nenette: al quale la cinepresa di Claire Denis si avvicina come un endoscopio: poiché finirà per penetrarvi in quel ventre, fino a sfiorarne, poi a rivelarne la vita. Straordinario miracolo di quel mistero cinematografico: cosi sprecato, involgarito ed umiliato nei miliardi di pellicola che ci circondano. E che qui, incollandosi a tutta quella realtà cosi modesta, cosi quotidiana, cosi vera fra i tetti appena riscaldati dal sole d'inverno, non solo a nascere la vita: ma tutta la spiritualità, tutti gli interrogativi, tutta la poesia che la circonda.

Un cinema a fior di pelle, incollato alle sensazioni della cinepresa, agli odori, ai fruscii fin sotto le lenzuola come ai rigurgiti di una caffettiera. La parlata, l'alito, la pelle degli attori. Un'intimità con i personaggi, dei tempi che si dilatano, si attardano incredibilmente per carpire questa intimità. L'humour, che annulla ogni tentazione di intellettualismo. L'impegno antirazzista. Avvicinarsi quasi impercettibilmente, casualmente ai personaggi, carpire le loro motivazioni, attraverso un itinerario apparentemente fisico.

Valeria Bruni Tedeschi colta in poche immagini quasi rubate nella sua autenticità. Il ballo, la musica, i primissimi piani con Vincent Gallo. Le situazioni si ordinano progressivamente, sul filo di uno sguardo originale, fatto di primissimi piani, senza la necessità di alcuna spiegazione, senza piani generali. Solo basato su una estrema generosità nei confronti di tutti i personaggi.

È in questa intimità, anche nei confronti dei caratteri negativi, che ritroviamo tutta la generosità, l'acuità sociale, la finezza psicologica, la forza politica di un cinema personale e progressista.


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